Racconti della città vecchia

“È l’umore di chi guarda che dà alla città di Zemrude la sua forma. Se
ci passi fischiettando, a naso librato dietro al fischio, la conoscerai
di sotto in su: davanzali, tende che sventolano, zampilli. Se ci cammini
col mento sul petto, con le unghie ficcate nelle palme, i tuoi sguardi
s’impiglieranno raso terra, nei rigagnoli, i tombini, le resche di
pesce, la cartaccia. Non puoi dire che un aspetto della città sia più
vero dell’altro (…)”
Italo Calvino, Le città e gli occhi. “Le città invisibili”
Fotografare
il centro storico di Bari è un viaggio in un quartiere denso di
elementi, codici e segni da decodificare. Non è affatto facile cogliere
il genius loci della vecchia Bari, gli stereotipi si affacciano
tutt’intorno e la tentazione è quella di ricalcare dei cliché già visti
in tutto il panorama della “mediterraneità”.
Non cediamo dunque alla
tentazione di raccontarvi la baresità, che forse non esiste, ma
invertiamo la prospettiva e inventiamo un nostro percorso: i “Racconti
della città vecchia” sono visioni di otto fotografi che a Bari vecchia
si ispirano e che in essa si perdono. Otto diverse traversate, otto
umori di chi guarda la città e ad essa dà una forma.
Francesca De
Santis ha materializzato il suo punto di vista in un passante curioso e
colorato, un omaggio alla curiosità di chi scopre questo dedalo
peninsulare di viuzze labirintiche e si ferma ad osservare.
Francesco
Catalano, tra le sue incessanti peregrinazioni, cammina e incontra le
facce, la gestualità, il bianco e nero delle cose. L’anima del reporter
indugia sul quotidiano che non fa notizia, ma riempie di vita le
fotografie.
Giovanni Musci si accorge di un culto profano, la squadra
di calcio che rende Bari femminile e così “la Bari”, come una giovane
innamorata alla quale fare omaggio, viene celebrata sui muri della città
vecchia con scritte e galletti.
Francesco Pinto invece le scritte
sui muri le legge come un urlo, una violenza, la dissacrazione
dell’abitato deturpato dai segni dell’inciviltà. “Sim can…” cioè siamo
bestie, quando non rispettiamo l’ambiente.
Francesca Passarelli alla
vecchia città dà forma di arco, tipica architettura dei centri storici
mediterranei. Le sue geometrie mostrano un arcobaleno fatto di sfumature
di grigio e lunghi pomeriggi assolati.
Nelle fotografie di Maria
Pansini il tempo cambia, la luce piove negli androni, i vecchi cortili
sono stanze che registrano presenze intermittenti, oggetti e persone di
passaggio, realtà provvisorie che la fotografia intercetta e
restituisce.
I racconti di Vito Marzano e Antonio Fantetti respirano il sacro.
Antonio
Fantetti lo vive nell’oscurità della basilica, lo capta con discrezione
tra le luci soffuse delle candele e sugli inginocchiatoi; la devozione è
quella del rito ortodosso, ma nelle sue immagini la preghiera appare un
fatto universale e allo stesso tempo intimo.
Vito Marzano infine
osserva ironicamente la commistione di sacro e profano e i fotomontaggi
naturali che il paesaggio urbano racconta al suo occhio attento. Fa
sorridere ma pirandellianamente, subito dopo l’avvertimento del
contrario, lo sguardo ne indaga anche il sentimento.
È il Museo della
fotografia del Politecnico di Bari che raccoglie questi frammenti di
narrazione visiva e ce li mostra nel luogo stesso nel quale si sono
generati; la mostra si inaugura l’8 giugno a Bari, presso la galleria
“Spazio Giovani” di Via Venezia, ovvero sulla muraglia di Bari vecchia.
a cura di Maria Pansini
8 – 24 Giugno 2012
Galleria “Spazio Giovani”
Via Venezia, 41
BARI
PROVAPROVA
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